In questa rubrica vediamo in quale modo il dott. Berrino tratta l'argomento dello svezzamento e i corretti apporti nutrizionali in età infantile.
L'ANGOLO DEL DOTT. FRANCO BERRINO
"Nei primi sei mesi di vita il latte materno è il cibo ideale, necessario e sufficiente alla crescita del bambino. L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l'allattamento materno esclusivo nei primi sei mesi e la continuazione dell'allattamento anche dopo i sei mesi, quando si comincia a introdurre cibi solidi, fino a due anni. Ma quali cibi associare al latte di mamma a sei mesi? Nel primo anno di vita? Enel secondo anno? Un'analisi recente delle raccomandazioni in vigore nei vari paesi europei e dei cibi effettivamente offerti ai bambini rivela uno scollamento importante fra raccomandazioni e pratiche: la dieta dei bambini di quasi tutti i paesi europei sarebbe carente di verdure, acidi grassi omega-3, ferro, vitamina D e iodio,e troppo ricca di proteine, di grassi saturi, di sodio e di zucchero (Alles MS et al. 2014 Ann Nutr Metab 64:284). Da un lato quindi carenza di nutrienti essenziali e dall'altro eccesso di nutrienti che fanno ingrassare e che favoriscono già in tenera età l'insorgenza di fattori di rischio cardiovascolare.
Sia gli studi sugli adulti sia gli studi sui bambini sono coerenti nel mostrare che l'eccesso di proteine tipico dei paesi occidentali è associato a un maggior rischio di obesità. I bambini allattati con latte artificiale, che contiene più proteine -circa il 50% in più -del latte umano, hanno un rischio aumentato di diventare obesi. Nei casi eccezionali in cui si debba ricorrere a latte artificiale è opportuno diluire le polveri con il 50% in più di acqua. La raccomandazione di nutrire i divezzi con 50 grammi di carne rossa al giorno (un vasetto di omogeneizzato), ripetuta ancor oggi da molti pediatri per prevenire carenze di ferro, ma senza solide basi scientifiche, ha probabilmente contribuito all'epidemia di obesità e a consolidare il gusto per la carne anche in età successive. Le proteine animali, in particolare quelle del latte bovino e dei formaggi, avrebbero una responsabilità maggiore, nell'insorgenza di obesità, delle proteine vegetali (contenute in legumi, semi oleaginosi, cereali).
Lo zucchero, in particolare le bevande zuccherate, costituisce un altro fattore di obesità ripetutamente confermato dagli studi scientifici. I pediatri americani hanno recentemente raccomandato di non far neanche assaggiare lo zucchero ai bambini nei primi due anni di vita. Il consumo di zucchero e cibi zuccherati, in particolare bevande zuccherate, è associato a obesità addominale, ipertensione, dislipidemie, specie trigliceridi elevati ma anche colesterolo HDL basso, infiammazione, tutti fattori di rischio per le arterie. Il problema dello zucchero e dei prodotti industriali ricchi di zucchero e di farine e grassi raffinati, inoltre, è che si tratta di alimenti privi di nutrienti essenziali (calorie vuote), per cui contribuiscono alle carenze nutrizionali denunciate.
C'è ragione di ritenere che gli zuccheri contenuti nella frutta, grazie alla matrice complessa, con fibre, vitamina C e polifenoli, non vitamina C e polifenoli, non siano pericolosi, e certamente non si tratta di calorie vuote, ma attenzione alla frutta, perché se i bambini si abituano al gusto dolce della frutta più difficilmente accetteranno le verdure. Meglio abituarli prima alle pappe di verdure stagionali e di cereali integrali(Biologici!). Le pappe di cereali integrali si preparano facendo cuocere a lungo (2-3 ore) una parte di chicchi integrali e 10 parti di acqua, senza sale, e poi passare al setaccio per togliere le fibre più grossolane. Oppure macinare grossolanamente il chicco (grossolanamente altrimenti tutte le fibre passeranno attraverso il setaccio), cuocere per 30 minuti e passare al setaccio. Iniziare dal riso, poi avena e orzo o misti. Evitare nei bimbi molto piccoli il miglio e il grano saraceno (troppo “concentranti”, yang secondo la cultura orientale) e il frumento (per non esporre a dosi alte di glutine), a meno di usare il farro monococco, il cui glutine è meno allergizzante.
Come cibo animale si può introdurre il pesce (omega-3, iodio, vitamina D), pesci piccoli pescati o da acquicoltura biologica.
Per la vitamina D ricordiamoci che anche i bambini piccoli possono prendere il sole, facendo attenzione che la pelle non si arrossi."
Fonte: La Finestra sul Cielo • Marzo 2017
Parte a Termoli un ciclo di incontri informativi sul tema nutrizione e salute.
Il negozio A Tavola Senza Grane, in collaborazione con la Dott.ssa Eleonora Iorio dietista, ospiterà quattro incontri informativi gratuiti legati all’ambito nutrizionale.
Il primo appuntamento si terrà sabato 17 dicembre 2016, dalle ore 17.30, in via Stati Uniti 21 (presso il negozio di Termoli, appunto) e tratterà la problematica dell’intestino gonfio. E’ sempre più alto infatti il numero di persone che ne soffre. Si parlerà pertanto delle cause scatenanti, dalle intolleranze alimentari alla sindrome del colon irritabile, e delle diverse possibili soluzioni, con alcuni accorgimenti nutrizionali da osservare per risolvere questo fastidioso problema.
I successivi tre appuntamenti da segnare in agenda sono fissati per il 21 gennaio, il 18 febbraio e il 25 marzo e si parlerà rispettivamente dei benefici dell’utilizzo dei semi a tavola; delle intolleranze alimentari nel mondo dello sport e nel periodo infantile.
Tutti gli incontri sono gratuiti previa prenotazione obbligatoria (i posti sono limitati), che può essere fatta:
- direttamente presso il negozio di Via Stati Uniti, 21 a Termoli;
- telefonicamente allo 0875.701047;
- mandando una mail a mailto: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Contatti:
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L’albicocco (Prunus armeniaca) è una pianta appartenente alla famiglia delle Rosaceae, importata in Europa diversi millenni fa dai legionari Romani e, successivamente, attraverso gli scambi commerciali con l'oriente. Le origini sono quindi asiatiche, con tutta probabilità della Cina nord orientale, al confine con la Russia (nonostante il termine "armeniaca" derivi da Armenia, il territorio dove venne dato il nome alla specie). Sembra che il nome della pianta, invece, derivi dal termine arabo “Al-barquq” e, in precedenza, da quello latino “Praecoquus”, che in entrambi i casi significano precoce. Questa terminologia dipende dal fatto che l’albicocco è una pianta precoce, in quanto comincia a fruttificare già dal secondo anno dopo essere stato piantato. Si tratta di una pianta caduca, con foglie verdi, fiori bianco-rosati e frutti gialli o arancioni (chiamati drupe), a volte sfumati in rosso, vellutati da una peluria molto sottile e contenenti un solo seme che somiglia a una piccola mandorla.
L’albicocco viene coltivato principalmente in territori dai climi caldi o temperati e relativamente asciutti, poiché la pianta patisce le piogge frequenti e l’umidità eccessiva del terreno che favoriscono la presenza di muffe e danneggiano quindi il frutto.
Le albicocche fresche si possono trovare nei banchi della frutta nel primo periodo estivo (maggio/giugno/luglio), per apprezzarle al meglio vanno scelte mature, ma ancora sode, e consumate entro pochi giorni dall'acquisto poiché sono frutti facilmente deperibili. Proprio per questa loro fragilità vengono conservate o trattate in numerosi modi e rese disponibili tutto l'anno sotto forme diverse: albicocche essiccate/disidratate, albicocche sciroppate, confettura o marmellata di albicocche, gelatina di albicocche e succhi, polpe di frutta all'albicocca o snack dolci
Solitamente le albicocche vengono impiegate in preparazioni dolci di vario tipo. Tuttavia, il loro gusto lievemente acidulo le rende adatte anche ad accostamenti salati.
Quando pensate alle albicocche, immaginatele come una potente miscela compatta di sostanze benefiche. I principi nutritivi che nobilitano queste sferette dolci e vellutate sono soprattutto betacarotene e licopene. Queste sostanze ostacolano il processo mediante cui si formano le lipoproteine a bassa densità o colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo “cattivo”).
Tre albicocche contengono 3 grammi di fibra, pari al 12% del fabbisogno giornaliero, in cambio di un apporto calorico minimo: 51 calorie in totale. Le albicocche sono inoltre alimenti ad alto contenuto di fibre, utili per dimagrire e tenere sotto controllo l’iperglicemia. Hanno inoltre un forte potere antiossidante, dovuto alla vitamina A, che contribuisce ad arginare gli effetti dei radicali liberi.
Le albicocche fresche sono frutti ricchi di acqua, fonte di vitamine (A, C ed E), Sali minerali (potassio) e beta carotene, mentre l'apporto energetico è tra i più bassi dell'intera categoria. Le albicocche disidratate sono private della componente idrica, ma mantengono intatti i sali minerali che si trovano normalmente nel frutto fresco.
Fonte: La Finestra sul Cielo - News Aprile 2016
In questa rubrica vediamo in quale modo il dott. Berrino tratta l'argomento "zucchero" e le conseguenze sulla nostra
salute
L'ANGOLO DEL DOTT. FRANCO BERRINO
"La mia convinzione che il consumo elevato di zucchero danneggi la salute data da ben prima che il mondo scientifico se ne accorgesse. Il mio pregiudizio era basato sulla considerazione che lo zucchero (il saccarosio o gli sciroppi di glucosio e fruttosio che stanno soppiantando lo zucchero nei prodotti industriali) è un alimento estremo, estremamente yin secondo la visione macrobiotica, una sostanza chimica pura al 99,5%, consumata isolata dalle centinaia di sostanze che la accompagnano in natura, ad esempio nella frutta, nel miele, e anche nella canna e nella barbabietola.
Fino agli anni 2000 non c’erano studi che dimostrassero solidamente un legame fra consumo di zucchero, obesità e patologie croniche. Erano disponibili solo studi “trasversali”, studi in cui si confrontava, ad esempio, il consumo abituale di zucchero di persone normopeso, sovrappeso o obese, e che mostravano generalmente che i grassi mangiavano meno zucchero dei magri.
Oggi sappiamo che questi studi sono del tutto inaffidabili perché confondono la causa con l’effetto: gli obesi mangiavano meno zucchero perché sapevano benissimo che lo zucchero fa ingrassare (erano gli scienziati e i medici a non saperlo!). Fin dagli anni ’60 del secolo scorso, in realtà si era sospettato che il consumo di zucchero avesse a che fare con l’obesità e le malattie cardiovascolari, ma autorevoli revisioni della letteratura scientifica avevano concluso che le prove erano inconsistenti. Una recente analisi storica degli archivi dell’università di Harvard rivela oggi che alcuni grandi professori che avevano firmato questi lavori erano a libro paga dell’industria zuccheriera (Kearns CE et al. Sugar Industry and Coronary Heart Disease Research: A Historical Analysis of Internal Industry Documents. JAMA Internal Medicine, 12 Settembre 2016) .
Come l’industria del tabacco, anche l’industria alimentare investe molto per nascondere gli effetti nocivi dei suoi prodotti. Negli ultimi 15 anni decine di studi prospettici, cioè studi in cui si indagano i consumi abituali di un gran numero di persone e poi le si segue nel tempo per confrontare cosa mangiava chi poi si ammala con chi non si ammala, hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che il consumo di bevande zuccherate è associato ad un rischio significativamente aumentato di diventare obesi e di ammalarsi di diabete e di cuore.
Il ruolo degli zuccheri aggiunti ai cibi solidi è più difficile da indagare ma oggi è chiaro che il consumo totale di zuccheri aggiunti (esclusi quelli naturalmente presenti nei cibi) è fortemente associato alla mortalità cardiovascolare (a parità di altri fattori di rischio: età, genere, etnia, tabacco, alcol, stile alimentare, calorie totali consumate, attività fisica, pressione arteriosa, farmaci antipertensivi, lipidi plasmatici, indice di massa corporea, storia familiare di malattie cardiovascolari).
Rispetto a chi consuma meno del 10% delle calorie totali sotto forma di zuccheri aggiunti (come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità), la mortalità di chi ne consuma fra 10 e 25% (quantità suggerita come innocua dall’industria alimentare negli USA) è del 30% superiore, e la mortalità di chi ne consuma più del 25% cresce del 175% (Yang Q et al. 2014 JAMA Int Med 174:516). In questo studio il 37% dello zucchero derivava da soft drink, il 9% da succhi di frutta zuccherati, il 26 % da dolciumi e il resto dallo zucchero aggiunto ai cibi più vari. Si ipotizza che i meccanismi con cui gli zuccheri aggiunti aumentano il rischio cardiovascolare spazino dal loro effetto sull’obesità, sull’ipertensione, sull’aumento dei trigliceridi, sul rapporto fra colesterolo LDL e HDL (ma nello studio citato questi fattori erano controllati nell’analisi statistica) e sullo stato infiammatorio cronico. Il consumo di zucchero, soprattutto di fruttosio e saccarosio (disaccaride formato da glucosio e fruttosio) è associato all’aumento della concentrazione plasmatica di Proteina Reattiva C, all’accumulo di grasso addominale e alla resistenza insulinica, a loro volta associati a gran parte delle malattie croniche (Aeberli I et al. 2011 Am J Clin Nutr 94:479). È probabile che il fruttosio sia la componente più nociva degli zuccheri che si aggiungono ai cibi. Il fruttosio, come dice il nome, è contenuto nella frutta (e nel miele), ma decine delle altre sostanze che lo accompagnano, in particolare vitamina C e polifenoli, ne controllano gli effetti nocivi. Frutta e miele, infatti, hanno piuttosto azione antinfiammatoria.
È importante condurre altri studi, ma intanto rispettiamo almeno le indicazione dell’OMS."
Fonte: La Finestra sul Cielo • Novembre 2016
Gli allergeni sono alcuni ingredienti, utilizzati negli alimenti, che vengono considerati causa di allergie o intolleranze alimentari. Tali componenti, se presenti nel prodotto, devono obbligatoriamente essere riportati in etichetta, nella lista ingredienti, in modo da essere distinti dalle altre sostanze, con un riferimento chiaro alla denominazione dell’allergene. Nel caso in cui i prodotti possano contenere anche solamente delle tracce accidentali di allergeni, dovuti a delle contaminazioni involontarie, l’Azienda riporta in etichetta le indicazioni relative alla loro presenza nello stabilimento.
In diversi casi infatti, è possibile leggere in etichetta diciture quali “Prodotto in uno stabilimento dove si lavorano” o “Prodotto in uno stabilimento dove sono presenti” taluni allergeni. Il rischio di contaminazione accidentale da allergeni deve venire gestito – con idonee buone prassi igieniche, oltreché nel piano di autocontrollo (HACCP) – al pari di ogni altro rischio di contaminazione fisica, chimica o microbiologica di rilievo sanitario. Solo quando non risulta possibile escluderlo nell’Azienda di produzione, si segnala l’informazione precisa del tipo “Può contenere …”, seguita dal nome dell’allergene. L’etichettatura è quindi uno strumento essenziale per i consumatori affetti da allergie o da intolleranze, che fornisce loro informazioni circa la composizione dei prodotti alimentari: in etichetta infatti gli allergeni devono essere evidenziati, in accordo al Reg. UE 1169/11, con carattere diverso rispetto agli altri ingredienti per dimensioni, stile o colore, in modo da permettere di visualizzarne rapidamente la presenza.
Allo stesso modo, i prodotti sfusi devono riportare obbligatoriamente l’indicazione della presenza degli allergeni.
Ai sensi della legislazione dell’UE, 14 sostanze o prodotti necessitano di un’etichettatura specifica degli allergeni:
• cereali contenenti glutine (grano, segale, orzo, avena, farro, grano Khorasan KAMUT®) e derivati
• uova e prodotti a base di uova
• arachidi e prodotti a base di arachidi
• soia e prodotti a base di soia
• latte e prodotti a base di latte (compreso il lattosio)
• frutta a guscio (mandorle, nocciole, noci comuni, noci di acagiù, noci pecan, noci del Brasile, pistacchi, noci del Queensland) e derivati
• sedano e prodotti a base di sedano
• senape e prodotti a base di senape
• semi di sesamo e prodotti a base di sesamo
• anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l espressi come SO2 totale
• lupini e prodotti a base di lupini
• crostacei e prodotti a base di crostacei
• pesce e prodotti a base di pesce
• molluschi e prodotti a base di molluschi
Fonte: La Finestra sul Cielo - News Giugno 2016